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venerdì 16 marzo 2018

riflessioni sconclusionate a distanza di 40 anni dalla Strage di Via Fani






…riflessioni sconclusionate a distanza di 40 anni…

40 anni fa, giovedì 16 marzo 1978, ero in treno per andare all’università degli studi di Firenze completamente immersa nei miei pensieri.
Quel giorno avevo l’esame alla Facoltà di Filosofia in Via Bolognese, di storia della filosofia, con il professor Paolo Rossi. Quell’esame mi aveva dato del filo da torcere e non vedevo l’ora di potermene liberare. Avevo con me i mei sudati schemi che cercavano di rassicurarmi ...e la consapevolezza che qualsiasi voto mi sarebbe andato bene pur di poter dire: fatto! Uno in meno!
Il treno era gremito di studenti che, o si fermavano alla stazione di Pistoia, perché ancora studenti della scuola secondaria, o a Firenze Rifredi se frequentavano qualche facoltà scientifica, o a Santa Maria Novella, se come me erano studenti di facoltà umanistiche.
Ognuno di noi era in compagnia dei suoi pensieri e viveva i suoi “anni di piombo” con un diffuso malessere. Quando si andava in facoltà si respirava l’estremizzazione della dialettica politica che, purtroppo, si tradusse in molteplici violenze di piazza, nell’attuazione della lotta armata con gravissimi atti di terrorismo. (Strage di Piazza Fontana a Milano, Strage di Piazza della Logga a Brescia, Strage dell’Italicus, Strage della stazione di Bologna…). Si respirava aria di paura e sospetto…e la società era sempre più divisa, si formavano gruppi di politica extraparlamentari che vedevano proprio nell’uso della violenza la via idonea per poter intervenire sullo stato sociale.
Avevo 22 anni,  percepivo chiaramente il clima di insicurezza e pericolo, perché non c’era giorno in cui non venivano compiuti anche piccoli atti contro obiettivi minimi che destabilizzavano e determinavano stati d’animo dominati dalla paura.
Arrivai a Firenze con l’ansia di prendere al volo il tram che mi avrebbe portata in Piazza San Marco e da lì il 25 che mi avrebbe lasciata al Pellegrino in Via Bolognese.
Il tratto che va dal binario all’uscita della stazione diventò improvvisamente super affollato. La paura si manifestava sui volti delle persone, la meraviglia, lo sconcerto, l’incredulità, avevano preso il posto della “normale quotidianità”. La notizia dell’Agguato di Via Fani, era arrivata! Lo sterminio della scorta di Moro era di dominio pubblico!

Sento ancora oggi, a 40 anni di distanza quel buco nello stomaco che ti faceva sentire insicura in qualsiasi luogo che non fosse “casa”… Io, e insieme a me tutti gli studenti che eravamo da poco scesi dal treno…come dominati da un interiore imperativo categorico decidemmo di riprendere il treno e tornare nella nostra piccola città di Montecatini, ancora più impauriti e immersi nel sospetto di non sapere se, quel vicino seduto accanto noi, era un ragazzo con i sogni e i progetti di vita simili ai nostri, o se era entrato nelle trame di un’utopica politica che vedeva nelle stragi e nel terrorismo la risposta a tutte le incongruenze alle quali i politici non sapevano dare una risposta costruttiva e propositiva.
Il 1978 per me è da sempre l’anno di Moro, lo spartiacque che segna il confine tra una politica di confronto e una politica di terrore, perché il terrorismo costruito nelle piazze stava soffocando la partecipazione democratica alla vita politica della collettività.
Oggi, rivedo quegli anni, risento le emozioni vissute…e mi domando cosa “realisticamente fare per aiutare i nostri ragazzi a fare ciò che noi non siamo riusciti a fare”!

(da “Le Cianfrusaglie Preziose” di AnnaMaria)

domenica 4 marzo 2018

Domenica è





La domenica è l’insieme di tanti istanti di libertà,
che ti permettono di stare in compagnia di te stessa,
senza preoccuparti del tempo
che incurante di ciò che fai
scandisce il tuo desiderio di fare o non fare.
La casa ti accoglie e ti coccola,
insieme agli affetti profondi,
rendendoti sazia di suoni e aromi
che sanno di semplicità.
Il profumo della scorza d’arancia
e dei biscotti appena sfornati
ti fa apprezzare di essere padrona di te.
E’la vita che ti accarezza
con una semplice tazza di caffè!

(da “Le Cianfrusaglie Preziose” di AnnaMaria)



giovedì 1 marzo 2018

Empatia?





 In questi giorni riflettevo con i miei alunni del triennio, dell’importanza di avere la competenza sociale di essere “empatici” e proprio mentre spiegavo la teoria di Goleman mi sono trovata a riflettere di quanto sia impegnativo e faticoso calarsi nei panni dell’altro.
Nella vita di ognuno di noi ci sono momenti in cui è necessario accantonare le tragedie personali e prenderci cura di chi, in quel momento,. sente il bisogno di trovare in noi un’ancora a cui affidarsi e confidarsi.
Non con tutti siamo disposti ad “aprirci all’altro”. Per far questo sentiamo la necessità di confidarci e affidarsi, ma colui che ci dona il suo tempo, la sua comprensione, la sua disponibilità, cosa raccoglie di noi?
Io ad esempio mi confido con quelle persone di cui mi fido, che mi ascoltano e non mi giudicano, che con schiettezza mi dicono il positivo e ancor di più il negativo del mio intendere, proprio perché cercano di aiutarmi a valutare la complessità che mi sta intorno e che non sempre riesco a cogliere perché occupata a risolvere il “problema” che mi assilla.
Da parte mia cerco sempre di essere “accogliente”, di comprendere le lacrime che stanno al di là del sorriso, di osservare ciò che istintivamente gli occhi non vedono…ma so per esperienza personale che i fardelli sono pesanti, che le negatività raccontate restano addosso e si impregnano di vita vissuta, e tante volte, proprio perché la “confidenza altrui” non ci lascia indifferenti, si incarna nelle nostre emozioni, la malinconia, o un velo di tristezza ci fa compagnia quando non dobbiamo essere propositivi con gli altri, quando il silenzio e un po’ di solitudine ci affiancano e ci fanno compagnia.
Impariamo tutti a osservare e a non vedere, ad ascoltare e non udire, a riconoscere l’angoscia dietro al sorriso, ad essere gentili con tutti coloro che spesso neppure ci danno il buongiorno perché troppo sommersi da paure ed angosce difficili da gestire…e talvolta, non pronti a condividere.
Negli anni ho imparato ad accettarmi, con i miei pregi e difetti, ad abbattere il muro che mi tiene isolata, a far emergere tutte le emozioni, sia positive che negative, per poi essere in grado di accogliermi e abbracciarmi semplicemente per quella che sono.
Scrivo perché mi fa star bene…la parola è un modo per porre in luce emozioni e sentimenti, che se accettati, possono far sì che oltre a star meglio con noi stessi si riesca ad essere empatici con gli altri.
Ecco…a Monsummano Terme un po’ di pioggia…la neve forse inizia sciogliersi e la vita riprende la sua dialettica esistenza tra un sorriso e un malinconico ricordo.

(da “Le Cianfrusaglie Preziose” di AnnaMaria)