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domenica 17 maggio 2020




Zia Lola amava ricamare, la mia mamma amava cucire, io amo poetare attraverso il ricamo!
Ho imparato che ricamare è un atto d’amore verso noi stessi e gli altri.
Mentre la mano accarezza il tessuto, la mente vaga tra gli spazi del cuore e tra un sogno e un castello in aria prende vita un’armonia di forme che intrise di affetti si ferma sul tessuto impregnandoli di profumi e di storia di sé! Chi dona un ricamo…non fa altro che regalare una parte di sé!

(da “Le Cianfrusaglie” di AnnaMaria)

sabato 9 maggio 2020

..riflessioni sconclusionate su come vivono oggi i nostri ragazzi...


Oggi c’è un po’ più di libertà di uscire, ma i nostri ragazzi sono stati chiusi in casa 24 ore su 24 insieme ai genitori e ai nonni, se quest’ultimi risiedevano nella stessa casa.
Essere un “ADOLESCENTE” non è mai stata una tappa della vita facile, perché per noi adulti è senza ombra di dubbio l’età ritenuta più bella, perché è l’età in cui si è in grado di sentirci immortali e di poter realizzare tutti i sogni nascosti…ma per i ragazzi che la vivono è un’età in cui tutti i problemi vengono vissuti con la lente di ingrandimento e ogni esperienza viene da loro estremizzata sia nel positivo che nel negativo.
Oggi viviamo un’esistenza funzionale e disfunzionale dell’intimità famigliare.
Se la comunicazione tra i componenti della famiglia è una buona comunicazione, è empatica, è attenta ai bisogni dell’altro…è una comunicazione protettiva, attenta, sollecita. Se però questo non si verifica, perché troppi conflitti presenti non risolti e forse neppure realmente percepiti, il vivere in famiglia diventa distruttivo e i disagi delle coppie in crisi si amplificano a dismisura coinvolgendo tutti componenti del nucleo famigliare.
L’adolescente “chiuso in casa” ha come risorsa diretta con cui confrontarsi la famiglia, e le mura domestiche possono trasformarsi in prigioni o in spazi per scoprire nuove risorse.
I nostri ragazzi hanno dovuto responsabilizzarsi e impegnarsi in modo autonomo a un nuovo stile di vita che li obbligava a diventare “padre e madre di se stesso”.
Dopo un iniziale sbandamento, dovuto al fatto che tutti noi eravamo impreparati, la scuola con la didattica a distanza ha “dettato/imposto” nuove regole, nuovi modelli, nuovi apprendimenti che non potevano essere assimilati con gradualità, ma andavano sul momento digeriti ed essere operanti all’istante. Ecco che i docenti e gli alunni, entrambi spaesati ed incerti, hanno dovuto mettere in campo le loro risorse informatiche, le loro competenze relazionali e comunicative, cercando di gestire al meglio gli sbalzi d’umore, l’ansia, la paura di non farcela, la clausura forzata…
Alcuni ragazzi hanno pianto, hanno fatto capricci, si sono arrabbiati con i genitori “normativi”, hanno rifiutato inizialmente di seguire con sollecitudine le lezioni e di impegnarsi in modo costruttivo. Altri, forse per “pensare meno e tenere sotto controllo l’ansia” hanno messo in pausa il pensiero, esprimendo le proprie emozioni, il disagio, la preoccupazione e sofferenza con comportamenti quasi automatizzati.
Noi docenti abbiamo avuto modo di vedere l’evoluzione dei comportamenti: dallo sbandamento, alla rabbia, alla reattività, all’elaborazione/accettazione della nuova situazione di vita con cui dobbiamo confrontarci.
Oggi, che le “maglie della prigionia forzata si sono allentate”, convinciamo i nostri ragazzi a stare in casa non tanto per paura, ma per protezione di noi stessi e degli altri, anche se per l’adolescente c’è un bisogno vitale di “comunità, di amici del gruppo di pari con cui confrontarsi, di bisogno di evadere con il pensiero e la fantasia, di festeggiare il compleanno o il tanto sospirato diciottesimo".
Ecco che allora l’altro viene visto come il possibile asintomatico e diventa sempre più impellente il bisogno di libertà, di manifestare i propri stati d’animo anche con canzoni cantate dai balconi, serenate su Piazza Navona deserta, video con brani letti a più voci,balletti fatti nella solitudine della propria camera…
Noi non siamo monadi senza porte e finestre, noi abbiamo bisogno di guardarci negli occhi, di sperimentare emozioni, di saperci entusiasmare per quello che facciamo. Noi siamo collettività, comunità educante, e non dimentichiamo che produrre cultura, riflessione, imparare a dialogare con noi stessi, può consentirci di aiutare i nostri adolescenti a sfruttare le opportunità che questo virus ci fa mettere in campo.
Genitori ed insegnanti devono fare corpo comune, tenere ben presente l’obiettivo che produrre pensieri e riflessioni, trasformare la solitudine e l’isolamento in presa di coscienza di chi siamo, cosa desideriamo, cosa vogliamo e per cosa lottiamo, può essere lievito madre per ripopolare di nuove prospettive il deserto che, se ci facciamo prendere dalla paura, popola le nostre fantasie.
Diamo un senso a ciò che facciamo e al motivo per cui lo facciamo. Ecco che, questa forzata reclusione può avere un senso: riscoprire in noi quel germe di vita che determina le nostre azioni quotidiane, quella quotidianità che tanto abbiamo criticato definendola tran tran… e che ora, consapevoli di questa drammatica bufera, desideriamo con tutto noi stessi riconquistare.
Aiutiamo i nostri giovani a ricordare che:
«Quando ci troviamo ad affrontare emozioni difficili, l’unico modo per superarle è attraversarle. Va avanti e sii triste, e se riesci ad accettare di essere triste, allora potrai iniziare a sentirti presto meglio».
Vi prego, facciamo corpo comune per aiutare i nostri ragazzi a sognare e a farsi conquistare dai loro sogni!

(da “Le Cianfrusaglie” di AnnaMaria)

…riflessioni sconclusionate sulla didattica a distanza…


Parte prima: gli alunni e la didattica (gli aspetti psicologici alla prossima puntata)
Da quando gli edifici scolastici sono stati chiusi la scuola è diventata attiva attraverso quell’attività che oggi è comunemente chiamata DAD o semplicemente Didattica a distanza.
Non vi nascondo che spero in una ripresa “normale” a settembre perché di giorno in giorno, far scuola da casa sta diventando sempre più problematico.
Per il ruolo che rivesto, ho vissuto e vivo questi giorni da più prospettive perché recepisco i problemi degli alunni, dei colleghi, dei genitori, del dirigente.
Incredibilmente il mio cellulare è perennemente attivo. Inizia a squillare alle 7.30 e, talvolta, smette alla sera in tarda serata (anche alle ore 23.00).
Vorrei iniziare a fare qualche considerazione partendo dai ragazzi, perché a mio avviso sono loro il punto di riferimento a cui tutti noi dobbiamo fare enorme attenzione.
Purtroppo non a tutti gli alunni, che sicuramente vivono sulla loro pelle un disagio enorme, vengono offerte le stesse opportunità di successo formativo.
La scuola è stata ribaltata!
Se in presenza in aula gli alunni volonterosi, puntuali, precisi, organizzati avevano modo di emergere e farsi apprezzare per impegno e profitto, in attività di DAD questo è tutt’altro che scontato. Non basta “studiare ed essere preparati”, occorre anche avere i mezzi/sussidi adeguati per poter partecipare in modo proficuo e produttivo a questa nuova modalità di scuola. Molte volte i nostri alunni si collegano con i cellulari perché non posseggono tablet o pc, spesso non hanno la connessione stabile o una quantità di giga che consentono una videolezione o un incontro tramite Mett su Google. Non dimentichiamo che molte famiglie posseggono un solo pc, anche se i figli che vanno a scuola sono più di uno, (e molti docenti fanno lezione in diretta al mattino e richiedono di partecipare ad un orario preciso) e necessitano di collegarsi contemporaneamente alle video lezioni.
Chi si collega?
Chi rinuncia?
Chi ha l’umiltà di parlare con il docente interessato e confessare le enormi difficoltà che sta incontrando, non per svogliatezza ma per problemi organizzativi?
Avete presente quanti problemi i nostri ragazzi hanno, e in silenzio, da soli, senza farlo pesare ai genitori affrontano il tutto?
Avete idea di come deve sentirsi quell’alunno che deve collegarsi dalla camera in cui sta insieme ai suoi fratelli perché in cucina ci sono i nonni
anziani e non ci sono altri spazi della casa idonei per fare il collegamento?
E quel ragazzo che a fine settimana, avendo i genitori separati ma residenti nella stessa provincia deve spostarsi con valigia e libri dall’appartamento in cui vive con mamma a quello dove abita il padre con la sua nuova compagna (o viceversa)?
Pensiamo a quel ragazzo che per motivi famigliari pranza alle ore 12.30 e il prof. gli calendarizza la lezione dalle ore 13.10 alle ore 14.10 perché questo era l’orario scolastico curricolare svolto in aula? Con chi deve il nostro alunno discutere? Con il padre severo, tassativo, metodico…o con la prof. fiscale e rigida?
Vogliamo parlare degli studenti con disabilità o con pdp individualizzati che, in alcune situazioni se non sono supportati da un genitore, non possono autonomamente collegarsi?
Quelli che ho elencato sono solo una piccola parte dei problemi degli alunni delle superiori.
Vi lascio alla vostra immaginazione i problemi degli alunni delle medie e della scuola primaria…non perché non voglio parlarne ma semplicemente perché insegnando in un liceo ho ben presenti le difficoltà degli alunni più grandi, ma sono certa che i ragazzi di tutti gli ordini di scuola, e per le elementari e medie, forse anche dei genitori che affiancano i loro figli, i problemi da affrontare e da risolvere sono moltissimi ed enormi!
Non potete immaginare l’enorme quantità di telefonate ricevute, e che continuo a ricevere da alunni, che posti in situazioni di conflitto mi chiamano, si confidano e chiedono il mio aiuto per essere un ponte di collegamento tra i docenti, la segreteria e la famiglia. Molte volte i ragazzi si vergognano a dire al coordinatore o all’insegnante che vivono situazioni problematiche in famiglia (genitori che con questa convivenza a tutto tondo forzata litigano continuamente, genitori che si stanno separando, genitori divorziati, genitori con malattie gravi, nonni con demenza senile che vivono in famiglia, violenza del babbo nei riguardi della mamma, spazi minimi occupati da molte persone, problemi economici , precarietà lavorativa, problemi di alcolismo…e chi più ne ha, più ne elenchi!) ed allora chiamano la vicepreside, si confidano, richiedono riservatezza…ma si aspettano che si intervenga con buon senso e li si aiuti a risolvere, o almeno arginare, i grossissimi problemi che stanno vivendo giorno dopo giorno.
Scusate il mio sfogo…ma vi illustrerò le varie categorie nelle mie prossime riflessioni sconclusionate, perché vi rendiate conto di come ognuno, a modo suo vive, nel settore in cui io lavoro, la drammaticità del momento.
Purtroppo mi ritrovo ad affermare che
“la realtà supera di gran lunga la fantasia”!
Buona serata a tutti…e prima di dare sentenze e giudicare, riflettete!

(da “le Cianfrusaglie” di AnnaMaria)