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sabato 9 maggio 2020

..riflessioni sconclusionate su come vivono oggi i nostri ragazzi...


Oggi c’è un po’ più di libertà di uscire, ma i nostri ragazzi sono stati chiusi in casa 24 ore su 24 insieme ai genitori e ai nonni, se quest’ultimi risiedevano nella stessa casa.
Essere un “ADOLESCENTE” non è mai stata una tappa della vita facile, perché per noi adulti è senza ombra di dubbio l’età ritenuta più bella, perché è l’età in cui si è in grado di sentirci immortali e di poter realizzare tutti i sogni nascosti…ma per i ragazzi che la vivono è un’età in cui tutti i problemi vengono vissuti con la lente di ingrandimento e ogni esperienza viene da loro estremizzata sia nel positivo che nel negativo.
Oggi viviamo un’esistenza funzionale e disfunzionale dell’intimità famigliare.
Se la comunicazione tra i componenti della famiglia è una buona comunicazione, è empatica, è attenta ai bisogni dell’altro…è una comunicazione protettiva, attenta, sollecita. Se però questo non si verifica, perché troppi conflitti presenti non risolti e forse neppure realmente percepiti, il vivere in famiglia diventa distruttivo e i disagi delle coppie in crisi si amplificano a dismisura coinvolgendo tutti componenti del nucleo famigliare.
L’adolescente “chiuso in casa” ha come risorsa diretta con cui confrontarsi la famiglia, e le mura domestiche possono trasformarsi in prigioni o in spazi per scoprire nuove risorse.
I nostri ragazzi hanno dovuto responsabilizzarsi e impegnarsi in modo autonomo a un nuovo stile di vita che li obbligava a diventare “padre e madre di se stesso”.
Dopo un iniziale sbandamento, dovuto al fatto che tutti noi eravamo impreparati, la scuola con la didattica a distanza ha “dettato/imposto” nuove regole, nuovi modelli, nuovi apprendimenti che non potevano essere assimilati con gradualità, ma andavano sul momento digeriti ed essere operanti all’istante. Ecco che i docenti e gli alunni, entrambi spaesati ed incerti, hanno dovuto mettere in campo le loro risorse informatiche, le loro competenze relazionali e comunicative, cercando di gestire al meglio gli sbalzi d’umore, l’ansia, la paura di non farcela, la clausura forzata…
Alcuni ragazzi hanno pianto, hanno fatto capricci, si sono arrabbiati con i genitori “normativi”, hanno rifiutato inizialmente di seguire con sollecitudine le lezioni e di impegnarsi in modo costruttivo. Altri, forse per “pensare meno e tenere sotto controllo l’ansia” hanno messo in pausa il pensiero, esprimendo le proprie emozioni, il disagio, la preoccupazione e sofferenza con comportamenti quasi automatizzati.
Noi docenti abbiamo avuto modo di vedere l’evoluzione dei comportamenti: dallo sbandamento, alla rabbia, alla reattività, all’elaborazione/accettazione della nuova situazione di vita con cui dobbiamo confrontarci.
Oggi, che le “maglie della prigionia forzata si sono allentate”, convinciamo i nostri ragazzi a stare in casa non tanto per paura, ma per protezione di noi stessi e degli altri, anche se per l’adolescente c’è un bisogno vitale di “comunità, di amici del gruppo di pari con cui confrontarsi, di bisogno di evadere con il pensiero e la fantasia, di festeggiare il compleanno o il tanto sospirato diciottesimo".
Ecco che allora l’altro viene visto come il possibile asintomatico e diventa sempre più impellente il bisogno di libertà, di manifestare i propri stati d’animo anche con canzoni cantate dai balconi, serenate su Piazza Navona deserta, video con brani letti a più voci,balletti fatti nella solitudine della propria camera…
Noi non siamo monadi senza porte e finestre, noi abbiamo bisogno di guardarci negli occhi, di sperimentare emozioni, di saperci entusiasmare per quello che facciamo. Noi siamo collettività, comunità educante, e non dimentichiamo che produrre cultura, riflessione, imparare a dialogare con noi stessi, può consentirci di aiutare i nostri adolescenti a sfruttare le opportunità che questo virus ci fa mettere in campo.
Genitori ed insegnanti devono fare corpo comune, tenere ben presente l’obiettivo che produrre pensieri e riflessioni, trasformare la solitudine e l’isolamento in presa di coscienza di chi siamo, cosa desideriamo, cosa vogliamo e per cosa lottiamo, può essere lievito madre per ripopolare di nuove prospettive il deserto che, se ci facciamo prendere dalla paura, popola le nostre fantasie.
Diamo un senso a ciò che facciamo e al motivo per cui lo facciamo. Ecco che, questa forzata reclusione può avere un senso: riscoprire in noi quel germe di vita che determina le nostre azioni quotidiane, quella quotidianità che tanto abbiamo criticato definendola tran tran… e che ora, consapevoli di questa drammatica bufera, desideriamo con tutto noi stessi riconquistare.
Aiutiamo i nostri giovani a ricordare che:
«Quando ci troviamo ad affrontare emozioni difficili, l’unico modo per superarle è attraversarle. Va avanti e sii triste, e se riesci ad accettare di essere triste, allora potrai iniziare a sentirti presto meglio».
Vi prego, facciamo corpo comune per aiutare i nostri ragazzi a sognare e a farsi conquistare dai loro sogni!

(da “Le Cianfrusaglie” di AnnaMaria)

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