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sabato 18 marzo 2017

Il mio babbo




Sono figlia unica, nata da genitori, per la mia epoca, considerati anziani perché io sono nata che mamma aveva 39 anni, e babbo 44… e dopo ben 18 anni di matrimonio.
Il mio “babbo” è stato con noi fino a quando io non sono diventata maggiorenne, ma poi, nostro Signore ha deciso che lo voleva vicino a sé…e anche mamma, quando io avevo 23 anni è andata a ricongiungersi con quello sposo che l’ha amata tantissimo.
Ho avuto solo la possibilità di vivere con mio padre per 18 anni, e tutti sappiamo molto bene di come sia difficile e problematico il rapporto tra genitori e figli adolescenti.
Ho tantissimi ricordi di tenero amore, di rigore morale ed etico, di tenera comprensione, ma anche di fermezza e autorevolezza di quell’Everaldo che con uno sguardo intenso e profondo entrava dentro il mio animo di “bimba birbona” e di “adolescente ribelle”.
Non sono mai stata una figlia modello, molte volte mi sono ritrovata ad andare contro corrente, a lottare per tutto ciò che ritenevo per me stessa giusto e necessario, anche se questo richiedeva continue discussioni o battibecchi per poter affermare da parte mia “faccio quanto babbo mi chiedi, ma sappi che lo faccio perché tu me lo chiedi e non perché io voglio farlo”.
Il mio babbo, che nei miei ricordi era altissimo, da piccola mi teneva per mano e alla domenica mi portava sempre con sé per le vie cittadine e mi spiegava, con un linguaggio semplice, conciso, diretto, tutto ciò che mi stava intorno e che lui voleva che io comprendessi e amassi. Il mio babbo era un uomo semplice abituato a lavorare dalla mattina alla sera. La stanchezza di fare un lavoro faticoso (faceva il macellaio) molte volte lo faceva appisolare dopo pranzo sulla sedia. Lo rivedo ancora oggi con le braccia appoggiate al tavolo e la fronte a diretto contatto delle mani, come se volesse rubare solo qualche minuto all’attività…per poi ripartire con più determinazione e vigore. Nell’estate, quando l’afa si faceva sentire in modo opprimente, era facile vedere una 1100 fiat al margine della strada con il “Ponziani” a schiacciare un pisolino, prima di andare con il sensale a scegliere i vitelli dai contadini locali. La carne che vendeva doveva in primo luogo piacergli...se il vitello non era come piaceva a lui..non lo comprava!
Quanti ricordi babbo dei nostri 18 anni insieme!
Ho ancora vivo in me il tuo sguardo, quando dal letto dell’ospedale, pochi giorni prima di morire di leucemia, mi dicesti:
-“Cocca, mi raccomando, pensa alla mamma…non è forte come te, dopo la mia morte avrà bisogno di tutta la tua forza per andare avanti. Completa i tuoi studi, promettimi che finirai l’università e che ti comporterai sempre ricordando che: NON POSSIAMO CHIEDERE AGLI ALTRI CIO’ CHE NON SIAMO IN GRADO DI CHIEDERE A NOI STESSI.
L’ho fatto babbo, ho finito l’università, mi sono laureata, ho preso tutte le specializzazioni che la mia laurea mi consentiva…ed oggi la tua cocca è un’insegnante, una madre e una nonna che a sessantanni porta ancora nel profondo del suo cuore tutto ciò che con autorevolezza, fermezza e tenerezza mi hai insegnato.
Grazie babbo…un grande bacio con tante coccole..ovunque tu sia...
la tua Cocca!


(da “Le Cianfrusaglie” di AnnaMaria)

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