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martedì 29 dicembre 2020

...Pane con l'olio...

 


…riflessioni sconclusionate tra i fornelli della mia cucina…
In questi giorni, chi come me ama cucinare passa molte ore in cucina, una tra le stanze della mia casa che più amo.
Mi è sempre piaciuto stare in cucina perché è in cucina che si comunica, ci si abbraccia, si percepiscono aromi, si affina l’odorato e si potenzia il gusto.
I nostri sensi sono l’immagine vera di noi stessi, si ancorano in noi e scrivono la nostra storia di figli e di madri.
La mia zia Lola ra solita dirmi: “fancilla, tu mangi con gli occhi perché i tuoi occhi esprimono il piacere di ciò che assapori” (la zia Lola era di Lamporecchio e lì si usava chiamare fancilla le bambine un po’ sbarazzine..ed io, lo ero!).
Se chiudo gli occhi e torno bambina, risento il profumo del pane di coppia (il pane da due chili) appena sfornato e mi rivedo bambina con la mia gonna scozzese, il maglioncino rosso, le due trecce “scarduffate”, pronta ad osservare i gesti rituali che la zia faceva al momento della merenda. I suoi gesti erano talmente consequenziali che potevo anticiparli senza sbagliare. La cucina era piccola, ma era viva! In inverno, la stufa a legna, accesa fin dal primo mattino, scandiva le tappe della quotidianità che era legata al prendersi cura degli altri, anche attraverso la preparazione del cibo. Ecco che, nella mia memoria si succedono le immagini di zia Lola, strafelice che la sua “piccinaccola potesse trascorrere giorni di spensierata infanzia da lei”. Ecco che per preparare la “fettunta…o fetta unta” occorreva:
1- lavarsi le mani,
2- accostarsi il pane al petto,
3- con l’aiuto di un coltello bel affilato tagliare una lunga fetta,
4- appoggiare la fetta su piatto bianco orlato da una greca dorata,
5- aprire il forno della stufa a legna, collocarci il pane,
6- controllare la quantità della legna che stava bruciando,
7- una volta che il pane era abbrustolito occorreva rimetterlo sul piatto e cospargerlo di abbondante olio di oliva ancora profumato di frangitura,
8- una spruzzatina di sale e…voilà, la merenda era pronta!
In quella semplice fetta di pane c’era tutto l’amore di mia zia che con occhi benevoli mi guardava mangiare. I suoi occhiali per ricamare venivano messi sul naso, in modo da poter vedere bene da vicino, e se lo sguardo si spostava dal lavoro a me…mi fissava al di sopra dell’occhiale mettendo bene a fuoco l’immagine. Il sorriso, appena accennato, appariva sul suo viso e lì rimaneva a lungo…fino a quando non si rialzava, sbucciava un mandarino e ne gettava le bucce nella stufa per far uscire tutto l’aroma degli olii essenziali per inondare di questi la cucina.
“L’odore di mandarino, di arancia, di buccia di mela... resta nell’aria e…fa Natale, intimità di affetti, momenti preziosi che ti abbracciano quando con il pensiero hai bisogno di ritrovare quella tenerezza che ti ha aiutata ad essere oggi quello che sei”.
Le mie vacanze scolastiche di Natale erano vissute a Lamporecchio e…in cucina, in quella cucina dove ho imparato ad amare e cucinare, e a “ragionare con me stessa, con l’Anna e la Maria”!
Amo cucinare, sperimentare, inventare o semplicemente assemblare ingredienti per dar vita a cibi che nutrono il corpo e…l’anima!
Cucinare con amore aiuta a “meditare, mettere a nudo noi stessi”.
Tutti i nostri sensi sono attivi: gli occhi vedono il singolo ingrediente ma anticipano quello che contribuirà a creare, l’odorato scopre aromi e profumi, il gusto ci indica tutti quei sapori che ci ricordano emozioni, situazioni, affetti, abbracci sintesi di vita vissuta.
Cucinare con amore equivale a meditare!
La preparazione del cibo da gustare non è un insieme di gesti meccanici, è un esercizio di controllo che richiede procedure precise, dosi equilibrate che rispettino le specificità dei singoli elementi, tempi, pause ben calibrati tra loro perché l’insieme di questi guida le percezioni sensoriali di chi cucina. Ogni fase della preparazione attiva di un pasto invita ad essere attenti alle risposte del nostro corpo che, se ascoltate e osservate, ci indicano tanto di noi stessi perché “in ogni azione compiuta noi siamo lì, con le nostre aspettative, desideri, sogni e obiettivi da raggiungere”.
Tatto, vista, olfatto, gusto, udito si ritrovano uniti in “quella fetta di pane casalingo che ha il sapore dell’infanzia…scricchiola nella sua croccantezza di pane ancora caldo e da poco sfornato, odora di farina cotta, si riappropria del sapore di un sorriso e di un abbraccio che ti ha permesso di crescere affidandoti a quelle braccia che ti aiutavano a rialzarti quando cadevi, che ti accarezzavano la testa quando piangevi, che ti consolavano con gli occhi indulgenti per darti tutta quella sicurezza che ti serviva per essere padre e madre di te stessa… quando sei diventata adulta”!
(da “Le cianfrusaglie Preziose” di AnnaMaria)

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